La Fonte della Santificazione Sacerdotale

Teresa Musco e il Dono della Sofferenza
di Antonio Tubiello
Docente di Filosofia c/o Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale
Sez. “San Tommaso d’Aquino” • Napoli


Il mistero della vita dolorosa e profetica di Teresa Musco fa pensare alla testimonianza di quella tipologia di santi piccoli e deboli, che Dio sceglie come strumenti della sua missione salvifica e della sua opera di misericordia, di quei santi bambini, che suscitano generalmente tanto stupore ed incredulità negli uomini adulti e maturi, chiamati ad osservarli e giudicarli. Teresa Musco è una santa bambina, che dalla più tenera età incontra personalmente l’amore di Dio, un incontro che avviene nella forma dell’esperienza mistica, dell’abbandono libero ed incondizionato all’effusione dello Spirito, della resa sconfinata all’irruzione della grazia.

Questa bambina straordinaria di Caiazzo, che rimane a lungo incompresa quasi da tutti, che soffre non solo per essere rifiutata, ma per essere diventata il rifiuto di tutti, inizia precocemente il calvario delle sue atroci sofferenze1, si avvia semplicemente e silenziosamente ad entrare nel mistero della scientia crucis, che la avvince e la travolge in una passione ineffabile, trasformando il suo tenero cuore di fanciulla in un magnifico vaso di elezione.

L’anima di Teresa è così pura e semplice, così povera e umile, da essere quel nulla ideale di cui Dio ha bisogno per dimorarvi come tutto, da essere quel prezioso ricettacolo in grado di esprimere l’estremo ‑poter-essere obbediente all’espansione dell’incommensurabile amore di Cristo.

Teresa è la creatura scelta per testimoniare la perenne misericordia di Dio, per vivere questa testimonianza sino in fondo come un martirio perfetto, nel quale è il cuore infinito di Dio a battere nel suo piccolo cuore, è la passione intensa di Cristo a farsi evento nella sua vita, è il soffio eterno dello Spirito a diventare principio animatore della sua esperienza carismatica. Questa santa bambina è l’icona del Bambino divino, poiché è sempre pronta ad accogliere, a spalancare le sue esili braccia, a dischiudere le porte della sua anima alla voce del cielo e al dolore del mondo. È lei che diventa la prescelta di un progetto divino, la destinataria di un messaggio spirituale (d’amore e di dolore), è lei che accetta di farsi un’unica cosa con Cristo, al prezzo di condividere la sua terribile sofferenza, di portare con Lui, per Lui, in Lui la croce: di essere crocifissa in Cristo.

Teresa, che rimane in certo senso “bambina” sino alla sua morte, riceve dunque una missione straordinaria, che la supera, la trascende, del cui profondo valore forse non si rende neanche completamente conto. Del resto la lezione evangelica insegna che solo ai bambini, ai piccoli sono rivelati misteri salvifici, inconcepibili ed inaccessibili a sapienti e dotti. Solo ai cuori puri di anime speciali, in grado di entrare immediatamente in comunione con Dio, si mostrano universi e visioni celesti, che diventano profondi significati escatologici e profetici per la vita della Chiesa.

E il messaggio spirituale, di cui Teresa è tramite, è destinato sostanzialmente alla Chiesa. In modo particolare a coloro che nella Chiesa hanno ricevuto una missione specifica, la missione della cura pastorale delle anime, vale a dire ai sacerdoti. “Salvami i sacerdoti dai loro peccati e santificali col mio dolore e lavali col mio sangue” implora Teresa4. Poteva mai intendere ‑ osservano scrupolosamente i suoi più attenti biografi ‑ l’intrepida risolutezza della sua supplica?5. La piccola aveva ricevuto nel suo cuore un mistero, che andava ben al di là della sua tenera età; dei bambini, come i veggenti di Fatima, riescono certo a comprendere il significato di una sofferenza, di un sacrificio con il valore di espiazione, di riparazione per i peccati dell’umanità, ma quella bambina poteva vera- mente comprendere il senso della sua immolazione per i sacerdoti?

Che cosa poteva sapere una creaturina di un paese rurale, povero e solitario delle piaghe della Chiesa, soprattutto di quei traumi di un clero in crisi, disorientato, in preda talvolta all’angoscia e allo sconforto, spesso incapace di vivere dignitosamente la vocazione e la missione sacerdotale?.

Se Teresa invoca la misericordia di Dio per la salvezza dei sacerdoti, offrendo se stessa come vittima espiatrice per quella diffusa condizione di miseria spirituale e di abbandono morale che li riguarda, è perché la bambina sente effettivamente di appartenere con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le sue povere forze al mistero della vita sacerdotale, fattasi spesso vissuto di dolore, di afflizione, di sofferenza. Il suo martirio è partecipazione piena e “struggente” al mistero sacerdotale, così spesso lacerato dalle inquietudini del secolarismo e minato dalla strisciante anemia spirituale, generalmente svilito da quelle insidie letali, alle quali Teresa intende porre rimedio mediante l’offerta della sua stessa vita. La semplice fanciulla presenta ai piedi della croce di Cristo la sua personale croce, per sorreggere la croce di molti sacerdoti aggravati dal peso insostenibile di un mondo lontano ed insensibile: tutto ciò è “assolutamente inedito per una bambina della sua età”.

Teresa non ha intuizioni speciali o conoscenze analitiche, che le derivano da qualche esplicito apprendimento; ella non ha che delle rivelazioni interiori, la sua è una scienza infusa con valore profetico, ordinata a suscitare nelle coscienze, a cui si rivolge, una messa in questione del senso della vita attuale, per rinnovarsi in un’esistenza di conversione. Teresa è un nuovo Battista dei nostri tempi, che intende richiamare l’attenzione della Chiesa ‑ in una sorta di “vegliate!” evangelico ‑ sull’essenziale profondità dell’esercizio sacramentale del sacerdozio, sul quale in tempi relativamente recenti è calato un reticente silenzio, destinato a seminare dubbio e smarrimento.

“Raccomando ‑ scrive nel 1951 ‑ solo ai Sacerdoti di stare attenti al momento della consacrazione della Messa, perché Gesù è lì in persona e prende in prestito le mani, la bocca, la lingua del Sacerdote”.

Teresa vede la presenza stessa, reale di Cristo nel sacerdote celebrante, il quale non può rimanere indifferente e disinvolto, mentre pronuncia le parole della preghiera di consacrazione. A lei è dato il dono di una visione mistica, per ricordare ai sacerdoti che la loro celebrazione eucaristica non è un rituale simbolico o evocativo, ma l’effettiva memoria con cui si rinnovano realmente la passione e il sacrificio di Cristo per la salvezza dell’umanità.

“Figlia mia ‑ le chiede la Madonna ‑ offri tutto quello che ti capita di soffrire per i Sacerdoti, perché non capiscono più quale sia la volontà di Dio. Quei pochissimi che sono rimasti fedeli a me, hanno tanta paura di esporsi e così continueranno a vivere fin quando mio Figlio deciderà. La mia Casa (la Chiesa) sta attraversando un brutto momento: quelli che vi comandano si avviano verso le tenebre, perché la comodità che hanno è tanta, danno troppo retta alla carne, e mettono a tacere lo spirito. Io ti raccomando, figlia, prega per loro, che tanto ne hanno bisogno! E se nella tua vita passerà un’ora della giornata senza aver pregato per i figli miei prediletti, sappi che quella è una giornata perduta nella tua vita!”.

Molti sacerdoti sembrano non essere più capaci di discernimento, non sono cioè più in grado di comprendere il volere di Dio, di mettersi in ascolto della sua Parola, di vivere in comunione con i vescovi e con Papa, poiché le ‘’comodità” sono troppe, il benessere sta intorpidendo il carisma, la superficialità e la ricerca di stili alternativi stanno avendo il sopravvento sulla coscienza ministeriale, cosicché anche un sola ora trascorsa senza offrire e soffrire per i sacerdoti, sarebbe, per la piccola Teresa, un ora di una giornata perduta. La santa bambina risponde all’invito della Mamma celeste, rivolgendosi al suo divino Sposo: “Gesù Tu lo sai. Se io avessi mille vite, e milioni di vite, le sacrificherei tutte per i Sacerdoti. Tu lo sai, dolce Amore, che la loro missione la sento nel sangue; e quando essi soffrono, io soffro con loro; quando uno di loro si allontana da quella altezza sublime (alla quale sono stati elevati), allora io lo seguo con la preghiera e con il mio piccolo sacrificio”.

Non si può negare che di questi tempi molti sacerdoti soffrano in fondo di una crisi attitudinale, di un disagio esistenziale, di inadeguatezza ministeriale e pastorale. Hanno bisogno di scoprire, di riconoscere e sperimentare un proprio disegno di santificazione come dono e come grazia. Hanno bisogno di comprendere il proprio sacerdozio come sacramento di santificazione. I sacerdoti devono essere aperti alla santificazione propria e degli altri. Devono credere in questo mistero divino e gratuito di santificazione, poiché la santificazione sacerdotale è condizione della santificazione degli uomini.

I sacerdoti devono ricordare che “santità” significa verità realizzata nella sua pienezza, bontà compiuta nella sua totalità, integrità essenziale manifestata in tutta l’esistenza, cosicché un sacerdote santo è semplicemente un vero ed autentico sacerdote.

Teresa sapeva che il sacerdote non è tentato solo nella sua umanità (questo è sempre avvenuto); ma è ora tentato proprio in quanto sacerdote. Con alcune conseguenze: l’evasione da sé, dal mondo, la pigrizia, l’inettitudine, l’alienazione, la ricerca di surrogati di valori affettivi l’estraneazione sino all’annichilimento di se stessi.

Il 29 luglio 1973 la Madonna dice a Teresa: “Di’ a tutti che Io ho bisogno di sacerdoti umili e coraggiosi, pronti ad essere ammazzati, derisi, calpestati, a perdere la propria vita, il proprio sangue, affinché per mezzo di essi Io possa risplendere più luminosa nella Chiesa, dopo la grande purificazione. Solo con questi Sacerdoti umili, derisi, calpestati, Io, vostra Mamma, ho il potere di riportare a Casa i figli miei cari smarriti, e consegnare al mio Figlio Gesù un grande e innumerevole numero di figli purificati ormai dalla grande tribolazione che avranno i Sacerdoti umili, puri e pronti ad ogni lotta della Chiesa che le muoveranno i figli ormai ciechi di tante cecità”.

I santi sacerdoti invocati dalla Vergine non hanno dinanzi a sé un futuro agevole e tenero; lo scenario è quello dell’incomprensione, del rifiuto, della persecuzione (in buona parte questa è già storia della Chiesa del XX secolo). Del resto, il vangelo è chiaro: la missione al suo servizio avviene al prezzo del martirio, che ha assunto nel tempo molteplici forme. Se i sacerdoti non accetteranno di “sanguinare” per Cristo, sarà di nuovo Cristo disposto a “sanguinare” per loro: se la vita del sacerdote non comprende il martirio, la testimonianza di verità e carità in senso pieno, allora sarà quell’Amore incarnato a offrire il suo martirio unitamente a tante anime scelte per la sua santificazione: “Un giorno Io sanguinerò per i Sacerdoti ‑ rivela Gesù a Teresa. Lascerò cadere su di loro il mio sangue e quello della mia Mamma amatissima. Mi basta la fedeltà di uno di loro per far conoscere ad essi il medicamento divino”.


 


TERESA MUSCO

(1943-1976)


teresamusco.it è il sito ufficiale su Teresa Musco
 

 

 

PRESENTAZIONE

Introduzione

 

PROFILO BIOGRAFICO
Visse la Passione di Cristo con Maria
di P. Domenico Mondrone
(da «I Santi ci sono ancora»)

Visse la Passione di Cristo con Maria
Inizia i primi passi con Maria
Tu un giorno sarai come me
Colui che più feriva il suo cuore
Anche in mezzo a una strada c’e Dio
Verso il "Consummatum est"

 

MESSAGGIO
Messaggio alla Chiesa
di P. Antonio Gallo OMC
da "T. Musco (studio biografico)"
cap IV pagg 51-60

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VOCAZIONE

Anima Sacerdotale
La Fonte della Santificazione Sacerdotale